martedì 19 gennaio 2016

Světlonoš (2005)

Švankmajer. Cosa significa questa parola? Non è un insulto, come qualcuno potrebbe forse pensare. Più prosaicamente, si tratta nientemeno che di un cognome. Un cognome slavo portato da un leggendario regista, autore e animatore ceco, Jan Švankmajer, figura di spicco (oserei dire di culto) nel campo dell'animazione, non solo nell'ex blocco comunista. Siano esse animate o girate dal vivo, le opere di Jan, classe '34, non sono mai banali e portano con loro quella sana dose di mindfuck che rende la vita degna di essere temuta. Valgano a titolo di esempio i 450 secondi di Tma/Svetlo/Tma (Luce/Buio/Luce, 1989), claymation dove un uomo completamente sezionato di "ricompone" da sé.
Buon sangue non mente. Nel '75 Jan dà luce a uno dei suoi lavori meglio riusciti, ovvero il figlio Václav; il quale una volta cresciuto si pone sulle orme del padre e produce qualche apprezzato lavoro di per sé. Uno di questi, un cortometraggio di 25 minuti scarsi, esce nel 2005 dopo 5 anni di lavoro. Si tratta di Světlonoš (ovvero qualcosa come "il portatore di luce"; The Torchbearer il titolo internazionale).

Non si sanno bene il dove e il quando; sembra comunque una sorta di medioevo alternativo. Un imperatore siede sul trono, e il sole e la luna si alternano normalmente sul suo regno. Ma un giorno l'imperatore muore, e la sua morte sconvolge il ciclo di luce e notte: il mondo resta e resterà in balia di un buio infinito, finché l'imperatore avrà un degno erede.
È questo l'antefatto di Světlonoš, suggerito in un prologo a disegni [poco] animati, così come lo sarà anche l'epilogo. La vicenda vera e propria è invece tutta girata in stop-motion: un uomo in armatura si addentra in una labirintica cittadella in cerca del trono. La cittadella però nasconde insidie mortali, attivate da una serie di statue senzienti che senza alcuno scrupolo metteranno tre volte alla prova l'abilità, l'ambizione e la vita l'aspirante eroe.

Světlonoš è un'opera straordinaria. È un horror immensamente cupo e inquietante, assai raffinato, gelido nella rappresentazione. Non ci sono dialoghi, non ci sono vere persone in cui identificarsi (il viso dell'eroe è nascosto dall'elmo, l'imperatore ormai è uno scheletro, le statue... beh, sono statue), non ci sono appigli sicuri per lo spettatore. Le musiche, opera di Ondřej Ježek, sono semplicissime ed efficaci, quasi darkwave. L'ambientazione mette un disagio palpabile. La regia è curatissima. E, senza svelare nulla di particolare, il finale colpisce veramente duro. Forse esagero, ma per me è stato amore a prima vista. Světlonoš è un'opera straordinaria, scusate se insisto. Assolutamente da recuperare.


lunedì 18 gennaio 2016

La abadia del crimen (Spectrum/CPC/MSX, 1987)

Millenni fa comprai per puro caso una rivista di videogiochi per Playstation (forse era SuperConsole), contenente, caso strano, un articolo simpatico e interessante (e probabilmente inventato di sana pianta, ma tant'è): un redattore aveva telefonato a diverse Case di produzione cinematografiche fingendosi un addetto di una software house interessata a comprare i diritti per creare i tie-in di vari film. Ovviamente si trattava di pellicole completamente impossibili da trasformare in giochi, ad esempio Lolita di Kubrick. Gli interlocutori non si dimostrarono granché convinti.
Mi è tornato in mente quell'articolo pensando al gioco di questo post. È possibile scrivere un videogioco tratto da Il nome della rosa di Umberto Eco? Sulle prime si direbbe un'idea un filo idiota. Eppure.

Il coraggioso tentativo di digitalizzare il lavoro di Eco ha origine in quel di Madrid. Già qui occorre aprire una parentesi sul perché di una località così "esotica": videogiochi spagnoli? Ma quando mai?
In effetti, come i meno informati potrebbero ignorare, tra la metà degli '80 e quella dei '90 la seconda più prolifica nazione europea in fatto di videogame -dopo il Regno Unito- fu proprio la Spagna. Questo breve regno, noto come "l'epoca d'oro del software spagnolo" (un po' la versione digitale del Siglo de Oro, ma -in puro stile Novecento- molto più breve), ha visto fuoriuscire dalla penisola iberica un gran numero di titoli, molti dei quali effettivamente pregevoli. A causa di disastrose scelte di marketing, le software house spagnole restarono stoicamente (e giocoforza) fedeli ai computer 8 bit, cosa che si tradusse ovviamente in un suicidio sul lungo periodo. Di quel retaggio oggi non resta praticamente quasi più nulla; alla fine degli anni '90 di tutte le softhouse solo la Dinamic era riuscita a switchare verso macchine più potenti e a sopravvivere -non per molto però; quelle cadute furono invece innumerevoli. Tra queste troviamo la Opera Soft, che nel 1987 pubblica La abadia del crimen.

La abadia del crimen (che, lo dico a beneficio dei non ispanofoni, tradotto in italiano suona qualcosa come "Il monastero del delitto") è largamente considerato uno dei migliori giochi di sempre per computer a 8 bit, e si può considerare il magnum opus dell'intera epopea spagnola. Venne pubblicato originariamente per Amstrad CPC, e in seguito convertito per Speccy, MSX e PC (ma non per C64, che era poco popolare da quelle parti). Ovviamente, essendo le leggi del mercato quello che sono, poiché La abadia era un titolo assai valido non venne ufficialmente mai pubblicato fuori dai patrii confini (gnè).

Ok, ma com'è il gioco? Allora, si tratta di un'avventura grafica isometrica (in quegli anni ne erano uscite giusto altre due o tre [cento][mila]) in cui controlliamo Guillermo -ovvero Guglielmo- ed Adso che si trovano in un labirintico monastero e devono indagare su... insomma, l'avete letto il libro, no? Paco Menendez, ideatore e programmatore del gioco, riuscì a creare molto intelligentemente abbastanza “spazio” per innestare un meccanismo ludico nella trama del libro. Guillermo ed Adso devono raccogliere indizi e fare debite deduzioni, ma nel mentre vanno seguite le regole dell'abazia, che prevedono il dover seguire alcuni obblighi nel corso della giornata. Il gioco è in effetti diviso in giornate, ed ogni giornata in “ore”, che -come ben sa chi ha letto il libro- in realtà sono piuttosto dei “periodi” (più lunghi delle ore reali) separati da vari momenti di preghiera. Nel gioco appaiono vari di questi periodi: mattutino, prima, terza, compieta, notte... in alcuni di questi momenti è obbligatorio interrompere le indagini e recarsi a mangiare o a pregare, pena l'abbassamento di una “barra di energia” che misura non l'energia ma l'OBBEDIENZA (!); e se la nostra condotta è così irrispettosa da far calare la barra a zero, l'abate superiore si riterrà così offeso da sbattere la coppia fuori dall'abazia. Con conseguente game over. Tra le cose che azzerano immediatamente la barra dell'obbedienza c'è il girare di notte per il monastero; il che è un bel problema perché ci sono cose che si possono fare solo di notte, con relativo rischio di farsi beccare da un supervisore. Ma la vita è troppo breve per rispettare le regole, no?

Ci sarebbero molte altre cose da dire, ma sarò sincero: questo gioco è D-I-F-F-I-C-I-L-E e ci ho giocato poco, quindi non c'è granché che possa aggiungere di mio. Vi lascio con un video di gameplay e con due curiosità.
a) Il gioco doveva effettivamente chiamarsi El nombre de la rosa, ma pare che Eco non abbia mai risposto ai tentativi fatti da Opera Soft per contattarlo riguardo i diritti.
b) Nella versione PC in un certo momento del gioco parte una registrazione dell'Ave Maria di Schubert; se però la copia è piratata, il software se ne accorge e invece della musica si sente una voce che dice “PIRATA! PIRATA! PIRATA!”, dopodiché crasha tutto (andate a 1:50 qui: https://www.youtube.com/watch?v=gVH85XUqIeM). Che sagome 'sti spagnoli.



mercoledì 13 gennaio 2016

[bɾaˈziw]

Non tutti hanno la fortuna di vivere nel primo mondo e di poter godere (almeno in via teorica) di privilegi quali cibo-spazzatura a volontà, pomeriggi negli acquapark e computer con proci multicore su cui giocare a fare la guerra senza dover strisciare per davvero nel fango. In paesi dei quali all'occidentale medio interessa relativamente poco, la tecnologia ha dovuto per forza percorrere strade più impervie; l'esempio delle nazioni oltrecortina è il primo che viene in mente, coi loro Spectrum clonati e i loro Dendy. Ma c'è un altro posto che ha sviluppato la sua peculiare identità informatica: il Brasile.

Ora, il Brasile è un posto strano. Vastissimo, eterogeneo ai limiti dell'impossibilità, paurosamente disorganizzato, fieramente autarchico. Dal punto di vista tecnologico è, un po' come il Giappone, patria di un buon numero di prodotti mai visti fuori dai suoi confini; i motivi di questo fenomeno sono però diversi, e per la roba brasiliana trattasi semplicemente del fatto che nel resto del mondo le loro console non hanno mai potuto avere alcun mercato: tutto troppo obsoleto. La causa? Beh, lo sviluppo informatico di quella landa è stato significativamente plasmato dalle draconiane leggi sull'importazione della tecnologia, che hanno reso decisamente più a buon mercato creare i computer in loco piuttosto che comprarli da fuori. Accumulando, in questo modo, un bel ritardo sul resto del mondo...

L'ecosistema videoludico brasiliano, vessato dalle ristrettezze, si è ovviamente rivelato un valido serbatoio per la pirateria (sia hardware che software), il cui impatto a livello internazionale è stato però molto meno significativo rispetto a quello dei "giganti" asiatici. C'è però chi ha preferito operare nell'ambito della legalità: in questo senso, un ruolo cardine nella creazione di nerdacci lusofoni l'ha avuto la società paulista Tec Toy, che tramite un accordo con Sega dalla fine degli anni '80 riuscì ad avviare la produzione di Master System locali regolarmente licenziati. L'inaspettato accordo con la Tec Toy fornì alla Sega sbocco in un mercato non particolarmente appetito e ancora relativamente vergine, al punto da rendere il Brasile la nazione più proficua per Sonic e compagni, praticamente l'unica dove la Nintendo abbia avuto la peggio contro l'eterna rivale. Data la vasta presenza di ceti a scarso reddito, per la Tec Toy la produzione e vendita di cloni SMS e MD a bassissimo costo è ancora oggi una scelta redditizia. Pensate che in Brasile -e solo lì- potete accattarvi un Mega Drive III (sorbole!); peccato che ormai le cartucce siano sorpassate anche lì, e da vari anni ormai queste console non sono altro che reingegnerizzazioni su singolo chip.


La Tec Toy si è occupata anche di software, avvalendosi di diverse opzioni: importazioni pure e semplici, traduzioni, localizzazioni (Wonder Boy ad esempio ha visto i propri personaggi sostituiti con quelli di un fumetto locale) o addirittura realizzazione in proprio. Come dicevo più su, molta roba dal paese non è mai uscita ed è molto ricercata dai collezionisti di tutto il mondo. Ad attrarre è ovviamente la rarità, perché sulla qualità non di rado si può questionare. Lo dimostra un titolo tutto tectoyano come 20-em-1 (Master System), una multicart che pare fare il verso a tutte quelle assurde cartucce -soprattutto per Famicom- con compilation di vari giochi più o meno piratati. 20-em-1 se non altro ha 20 giochi rigorosamente originali, ma tutti orrendamente privi di qualsiasi attrattiva, quasi una versione scipita di Action 52 (ma senza il fascino perverso del teratoma ludico della Active Enterprises). La grafica è piattissima stile MS Paint, e l'esperienza ludica rimanda agli albori delle varianti single-player di Pong.



Va meglio quando ci si butta sulle importazioni, anche se ovviamente ci sono titoli migliori e titoli peggiori. Ma non siamo qui per parlare dei giochi che hanno visto tutti: ci sono siti più snob per questo, tzè, e comunque chissenefrega di sapere che Sonic per Megadrive è stato distribuito anche in Brasile? Ci sono cose più interessanti da osservare, per esempio che solo in questa nazione potete imbattervi in Earthworm Jim per Master System. Per la verità, non si tratta di altro che di una conversione dall'edizione per Game Gear, quest'ultima prodotta da una ditta inglese (Eurocom) per i mercati occidentali (anche se credo sia comunque di difficile reperibilità); Eurocom si è probabilmente occupata anche di portare il codice relativo su SMS -del resto SMS e GG sono in pratica la stessa macchina, non proprio un lavoraccio insomma. Il perché sia stata venduta solo in Brasile non lo so con certezza, ma posso immaginarmi delle validissime risposte. Il gioco in sé, comunque, non è venuto troppo male, considerando le differenze dell'hardware tra la piattaforme originali (che, vi ricordo, erano 16-bit) e il povero Master System...



Saliamo di un gradino, cioè al Mega Drive, dove incontriamo Nightmare Circus. Un po' come per l'EWJ di cui sopra ci troviamo ancora davanti ad un titolo non locale rilasciato solo in Brasile; a differenza del gioco Shiny, però, NC non è una conversione ma un gioco originale nato e rimasto su MD, quindi è di fatto un gioco praticamente sconosciuto al resto del mondo. NC venne sviluppato nel '91 dalla norvegese Funcom (oggi nota soprattutto per il MMORPG Age of Conan): trattasi di un picchiaduro a scorrimento con elementi platform, caratterizzato da difficoltà proibitiva e una cronica mancanza di carisma e attrattiva. La Tec Toy è stata l'unica casa di distribuzione al mondo a vederci qualcosa di vendibile, apparentemente.



Last but not least, un grandissimo classico: Duke Nukem 3D! Ancora un titolo importato, benché pesantemente modificato dai brasiliani al punto che si potrebbe quasi parlare di un nuovo gioco con nemici e ambienti "somiglianti" a quelli di DN3D (data la grafica rudimentale dell'accrocchio è difficile usare aggettivi più generosi). Due episodi su tre sono stati rimossi e i livelli dell'episodio superstite (quello nella base spaziale) sono stati ridisegnati e semplificati. DN3D per Mega Drive tecnicamente si difende sorprendentemente bene -la grafica ha una sua serafica dignità-, richiede una buona dose di allenamento e può garantire qualche attimo di svago se si riesce a dimenticare com'è la versione originale. Il motore grafico non è il Build e non è improbabile che tutto il gioco sia una "total conversion" costruita partendo da un altro titolo (Zero Tolerance della Accolade). Comunque amen.




Ci vorrebbe un bel commento di chiusura sull'attività della Tec Toy, ma adesso ho troppo sonno. Buonanotte gente.