sabato 10 ottobre 2015
L'arbitro (2009/2013)
Nel 2009 il cagliaritano Paolo Zucca gira un curiosissimo cortometraggio che in quindici minuti scarsi concentra spericolatamente un gran numero di eterogenee suggestioni: stereotipi bucolici in generale e sardi in particolare si fondono con estetica dadaista, richiami a Ciprì e Maresco (tra cui il b/n è forse la caratteristica meno marcata), echi di Osvaldo Soriano e cupi riferimenti biblici, il tutto su un substrato costituito dal sempiterno gioco del futbol (o meglio, di quello che passa per tale nelle estreme periferie del dilettantismo). Nel corto -che merita almeno una visione, quantomeno in premio all'originalità- un arbitro corrotto (Luca Pusceddu) retrocede per punizione dalle stelle dell'UEFA alle stalle della terza categoria, dove finisce ad arbitrare una partita tra due squadre che è in realtà somatizzazione di una faida tra borgate; nel frattempo proprio in seno a uno dei due team si consuma il dramma di due pastori che -anche se compagni di squadra- sono a loro volta in guerra tra loro.
Il corto è apprezzatissimo (fa incetta di premi anche all'estero) e nel 2013 Zucca lo dilata fino all'ora e mezza riempiendolo anche con nomi di spicco (Accorsi -che prende il posto di Pusceddu-, Pannofino, Di Clemente, la Cucciari, Messeri). La storia raccontata nel corto viene rigirata in modo praticamente identico e diventa il finale, così che tutti i settantacinque minuti precedenti servono nei fatti a costruire una cornice un po' più corposa alla partita. L'arbitro assume così una personalità più dettagliata, la faida tra i paesi assume un respiro più ampio e molto spazio viene dato a personaggi singolari e spesso inediti rispetto al corto (il bomber Matzutzi che torna dall'argentina, il coach cieco dell'Atletico Pabarile e la di lui figlia, il fetentissimo arbitro Mureno).
Divertente, piuttosto insolito e molto ben girato, con un b/n splendido. Gli appassionati di Osvaldo Soriano non mancheranno di notare un esplicito riferimento al grandioso racconto Il rigore più lungo del mondo. Alcuni dialoghi sono purtroppo in sardo e non si capisce un cazzo, ma sono solo due o tre e comunque il senso generale del discorso è comprensibile.
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