mercoledì 25 marzo 2020

Alien Breed 3D (Amiga, 1995)

Un po' di storia - Il binomio Team 17-Amiga evoca l'ideale di un matrimonio di successo che rivaleggia con quelli di Windows e Intel, di Spencer e Hill, di Stanlio e Ollio, di Mogol e Battisti, di Thelma e Louise, di... insomma, avete capito. Benché la fama di questa software house sia principalmente legata a quella di Worms (GORILLA.BAS [nostalgiaaaaaaaaa] coi lombrichi), di fatto la maggior parte delle sue produzioni si rivelò un successo di pubblico e critica. Ne è un esempio il primo Alien Breed, uscito quasi agli albori del gruppo nel 1991, che diede il via a una saga storica. AB1, 2 e 3 erano sparatutto fortemente ispirati ad Alien e con un gameplay alla Gauntlet, con il nostro avatar visto dall'alto e libero di muoversi in tutte le direzioni per falcidiare mostri letali. Con il declino del mercato Amiga la serie sembrava destinata ad interrompersi, ma il team tornò nello spazio nel '95 per creare un quarto episodio e, a sorpresa, nel '96 per un quinto. In onore al trend del periodo, dominante su PC e appena nascente su Amiga, erano entrambi cloni di Doom. Molti, anche appassionati della prima ora di Amiga e AB, in effetti ignorano l'esistenza di questi due capitoli giunti fuori tempo massimo; e di conseguenza ignorano che sì, anche Alien Breed ha i suoi FPS.
Se le mie informazioni sono esatte, AB3D "lottò" con Gloom per il primato di primo FPS Amiga commerciale e per quanto ne so arrivarono più o meno contemporaneamente sugli scaffali, forse con Gloom in anticipo di poche settimane (TGM li recensì sullo stesso numero). Non ho però certezze sulla cosa, e addirittura qualcuno si sbilancia sul dare la primogenitura a Fears, quindi prendete l'informazione con beneficio di inventario.

Il gioco - È il manuale di Alien Breed 3D (in quattro lingue, tra cui un italiano qui e là ridicolo) ad informarci che un'ostile razza aliena si è impadronita della base spaziale Osiris. Quasi tutti gli occupanti sono morti, solo il capitano Reynolds è sopravvissuto per puro culo, ed è riuscito ad avvisare la Terra che la base deve essere distrutta. Ora deve farsi strada attraverso il complesso per raggiungere uno Shuttle in tempo e sfuggire ai mostri e all'imminente distruzione. Ce la farà? Mah. Se non altro, gli alieni sono più visibili del SARS-CoV-2... :(
Sebbene AB3D e Gloom siano due titoli molto diversi, al primo impatto qualche vaga somiglianza c'è: occupano due floppy a testa, uno scarno menu di opzioni sovrimpresso a un'immagine statica conclude i caricamenti di entrambi, un francobollo pieno di pixel giganti appare non appena si schiaccia su "play" sia di qua che di là. È durante il gioco che le cose cambiano un po'.
Alien Breed consente, finalmente, l'uso del mouse. La cattiva notizia è che è implementato in modo inutilizzabile, ma dalla vita non si può avere tutto... (pare esista una patch per fixare la cosa, ma non ho avuto modo di provarla). Benché una versione per CD32 esista, quella 1200 non eredita la possibilità di usare il joypad, e pertanto la scelta d'elezione ricade sulla tastiera: i tasti sono ridefinibili, ALLELUJA!, e personalmente mi sono trovato abbastanza bene ad emulare il mouse con i tasti freccia (sx/dx per girarsi, freccia su per sparare). L'assegnazione dei tasti si può fare dal menu opzioni iniziale, e rappresenta l'unica cosa modificabile dal giocatore perché non si può fare nessun altro tipo di scelta: niente livelli di difficoltà, niente livelli di gore, niente opzioni per l'audio (anche perché non c'è una musica in tutto il gioco) né per la grafica. Per quest'ultimo aspetto una cosa che si può scegliere c'è, ma solo durante la partita, ed è nientemeno che il dettaglio del pavimento. Sorbole!
Come già detto il frame visivo è piccolo e pixellatissimo, in risoluzione 2x2 fissa; occupa poco più di un terzo dello schermo ed è circondato da una cornice che contiene le poche informazioni che il gioco fornisce (energia, munizioni e keycard raccolte). A differenza di Gloom la finestra non è ridimensionabile, ma c'è da dire che le scelte di design di AB ne rendono la grafica più "leggibile" a parità di dimensione (in seguito Gloom Deluxe avrebbe migliorato la definizione di Gloom, mentre purtroppo AB3D non ha mai avuto una rivisitazione. A onor di cronaca è possibile passare a una modalità a tutto schermo, ma questo comporta ovviamente pixel ancora più grossi, e non ci sono comunque dimensioni intermedie). Alien Breed ha un aspetto chiaro e colorato, con anche fasi all'aperto, ma Clitheroe e soci sono stati molto bravi a sviluppare comunque un mood piuttosto cupo, grazie ad azzeccati effetti sonori, nemici inquietanti e ambientazioni ben costruite. Reynolds inizia il gioco in un piccolo piazzale deserto con una saracinesca all'altro lato del cortile: avvicinandosi si sentiranno i rumori prodotti dagli alieni nascosti dietro, un effetto molto ben riuscito. Proprio nella primissima area si vede anche una delle caratteristiche che battono Gloom sul piano tecnico: una scalinata. AB3D infatti ha livelli sviluppati su più piani (intersecanti), con scale, ascensori, pozzi e ponti. Come in Doom i nemici possono essere in posizione sotto o sopraelevata, ma noi non possiamo alzare lo sguardo e quando spareremo il motore si preoccuperà di variare l'alzo dei proiettili a patto che l'avversario sia nel campo visivo. Un'altra tecnologia presente in AB3D è l'acqua, resa tutto sommato efficacemente, anche se non ci si può nuotare (solo camminarci dentro) né saltarne fuori: nel primo stage c'è una piscina con all'interno un "ascensore" per consentirci di uscirne! Inoltre va detto che Reynolds rivaleggia con Guybrush in quanto a capacità polmonare... I compromessi grafici per questa complessità dell'engine comunque si pagano, non tanto nella velocità ma nella risoluzione davvero limitata: a volte si viene colpiti e non si vede nemmeno il nemico che ci spara perché è troppo lontano per poter essere risolto... e no, vi assicuro che le aree di gioco non sono COSÌ vaste! Inoltre ho riscontrato un generale rallentamento progressivo: inizialmente credevo fosse dovuto alla difficoltà di Reynolds a muoversi quando è troppo ferito, e sarebbe stata una bella scelta di gameplay, ma dopo un po' sono giunto alla conclusione che è un problema hardware; probabilmente l'Amiga soffre tanto di più quante più sono le zone visitate in un livello.
Sul capitolo armi rientriamo nei canoni della normalità, sono solo cinque ma almeno si può scegliere. Si parte con il solo pulse rifle, una mitraglietta di media potenza, e passando per shotgun, fucile al plasma e lanciagranate si arriva al colossale lanciarazzi, col quale -come la fisica insegna- è meglio non fare fuoco contro un muro troppo vicino. Ahimè, in AB non ci sono armi bianche né calci e pugni, quindi non c'è alcun modo di difendersi se si resta senza munizioni, ipotesi non troppo remota negli stage più avanzati. E a proposito, le mappe sono piuttosto ben progettate, e se le prime due possono sembrare deludentemente piccole dalla terza la musica cambia. In tutto ce ne sono 16, comprendono una mezza dozzina di tipi di avversari (forse un po' pochini) e molte sono belle difficili: da quanto sembra, per finire AB ad uno esperto occorre un'oretta e mezza. Se si muore si riparte dall'inizio del livello, senza limite alle possibilità di ritentare; non si può salvare ma c'è un comodo sistema di password. E mi pare sia più o meno tutto. Un'ultima nota per la cronaca: ho provato solo la versione 1200, dalla regia però mi dicono che quella CD32 ha le musiche: almeno alcune sono belle, ma da un rapido giro su Youtube direi che col silenzio l'atmosfera ci guadagna. Su CD32 comunque i controlli pare siano peggiori, e il tutto scatta che è una bruttezza (anche su 1200 base, per la verità, ma almeno quello si può espandere).

The bottom line - Devo ammettere che Alien Breed 3D mi è piaciuto parecchio. La veste grafica è di gran lunga il boccone più amaro da digerire e c'è poco da girarci attorno: è un handicap non da poco, peggiorato dal fatto che non sono previste modalità più gradevoli per macchine più performanti (per limitazioni intrinseche alla tecnica utilizzata, sembrerebbe). Per il resto, l'engine è solo da elogiare, con effetti e caratteristiche che si pappano quello di Gloom a colazione e un'ottima manovrabilità del nostro uomo. Ma c'è soprattutto un gran bel gioco, lunghetto, difficile, pieno di tensione, con validi nemici (ho apprezzato soprattutto i besti rossi che sono l'avversario "base") che è un piacere abbattere a fucilate. Se su una conversione di Gloom si può discutere, su una di Alien Breed 3D no: un giro su PC l'avrebbe meritato eccome.

mercoledì 18 marzo 2020

Gloom / Gloom Deluxe (Amiga, 1995 / 1996)

Un po' di storia - Nel ripercorrere la saga dei cloni di Doom su Amiga non si può non partire da Gloom, per forza di cose. I motivi sono parecchi, e vanno al di là della -francamente spudorata- assonanza onomastica. Gloom è stato uno dei primissimi tentativi -se non proprio il primo ad essere commercializato- di correre dietro al prodotto iD, forse è il più famoso e diffuso, ha avuto il "successo" più duraturo nel tempo, è quasi certamente il più moddato e forse resta uno dei più riusciti, se non tecnicamente perlomeno ludicamente.
La provenienza geografica di Gloom è peculiare, essendo nientemeno che neozelandese. La mente dietro il gioco e il suo team di sviluppo -la Black Magic- è Mark Sibly, creatore del Blitz Basic e quindi indirettamente responsabile della creazione dei vari Skidmarks (sempre roba made in NZ, della Acid Software), probabilmente tra i giochi di guida più divertenti e demenziali della storia. Sibly sarebbe stato poi coinvolto più direttamente in Guardian, ancora per la Acid, un interessante clone di Starwing che mi ha estirpato più bestemmie del lecito perché UAE non ne digerisce il secondo floppy. Uff. Va beh. Alcuni collaboratori della Acid sono poi finiti a lavorare nella Black Magic, quindi un vago filo conduttore al sapore di pizza all'ananasso apparenta tutti questi prodotti. Skidmarks, Guardian e finalmente Gloom.
La genealogia glummesca non è semplicissima. C'è Gloom, e ok. Poi c'è Gloom Deluxe, che è un aggiornamento e non un vero seguito. Un Gloom 2 vero e proprio di fatto non esiste, da GD si è saltati a Gloom 3: Zombie Edition; su HOL è indicato con vari nomi, ma è sempre lo stesso gioco (e peraltro non ne esiste una edizione "non-Zombie"). Ultimo capitolo effettivo è Zombie Massacre del 1998, giustamente massacrato su TGM da Maxime in un'epoca in cui anche gli amighisti aspettavano ormai cose come la conversione di Quake. Gloom 3 e ZM non sono più opera di Sibly ma di tale Gareth Murfin (Alpha Software), un lamer che voleva lucrare sul franchise. La saga è dormiente da allora e non sembra probabile che sarà mai resuscitata, ma ancora oggi sparuti appassionati realizzano delle mod. Bravi, bravi.

Il gioco - [Nota: ho giocato a Gloom nella versione Deluxe, la cui più importante modifica rispetto all'originale è l'introduzione della compatibilità con OCS/ECS (l'originale gira solo su AGA e CD32). Io ho preferito dedicarmi solo alla versione 1200 e soprassedere sulle altre due. Al di là di questa novità, GD include solo migliorie estetiche, il gioco in sé resta lo stesso (e prevede la possibilità di mantenere la veste grafica del capostipite)].
In Gloom impersoniamo uno Space Marine teletrasportato su un'astronave per combattere un gruppo noto come "Cultisti", apparentemente in grado di controllare menti ed evocare spiriti. I primi livelli, sull'astronave, ci mettono davanti a orde di soldati, skinhead (!) e qualche robot, ma più avanti l'ambientazione prende pieghe decisamente più cupe e demoniache. Scopo del nostro Marine è ovviamente far fuori tutto ciò che si muove ed evitare di farsi massacrare. Sia come sia, non mi sono preoccupato troppo di capire la trama, tanto non credo che Sibly e compagnia ci abbiano speso sopra più di tre minuti.
Sul piano ludico bisogna subito precisare una cosa: per un giocatore abituato allo standard odierno WASD+mouse, Gloom si presenta con lo shock di non supportare assolutamente il mouse; le opzioni di controllo prevedono tastiera, joystick o joypad (del CD32). Il mio primo FPS in assoluto è stato Quake e non mi sono mai acclimatato ad un FPS che non supportasse il topo; può essere che per giocatori nati su Wolf3D questo non sia un problema grave, purtroppo per me lo è. I controlli non sono ridefinibili (ahimè, imperdonabile), e la tastiera prevede l'uso dello stesso tasto per girarsi (freccia dx/sx) e per fare strafe (ctrl+freccia dx/sx), il che si traduce nell'impossibilità di fare uno strafe circolare come Iddio comanda; il joystick ha la stessa limitazione. Il pad invece separa le funzioni, consentendo di girarsi con la croce direzionale e fare lo strafe con i tasti R/L. Ergo, alla fine l'unico modo decente di giocare è col pad, nonostante il problema fondamentalmente irrisolvibile di non poter calibrare la velocità di girata. Inoltre, il motore di gioco non accetta contemporaneamente strafe e girata, il che non è gravissimo ma rende un impressione generale di "rigidità" nel controllo dell'omino: occorre farci la mano, ed abituarsi a smanettare un po' coi bottoni.
Ok, tutto bello (come no) per il movimento, ma come si cambia arma? Beh, non si può! L'esperienza di gioco in Gloom è minimalista al massimo, fino al punto di mettere a disposizione un'unica arma, un cannone al plasma a colpi infiniti. Quantomeno è di una certa efficacia: la velocità di fuoco è potenzialmente molto alta e i colpi -dei globi di energia- sono sufficientemente precisi e potenti; inoltre è upgradabile, in un modo piuttosto peculiare che vado a spiegare. La raffica dell'arma si può settare a cinque velocità: di default è settata alla minima, e si può aumentare raccogliendo delle sfere rimbalzanti sparse per le mappe. Ognuna aumenta la rapidità di uno "step", fino appunto al quinto. Se si raccolgono ulteriori sfere quando la rapidità è già massima, si carica un particolare timer: finché non si azzera (e non ci mette molto), il cannone spara una doppia raffica! VIUUUULENZA! Non è finita: avanzando nei livelli si trovano in giro sfere di diverso colore, che portano l'arma ad un nuovo grado di potenza, anche questo coi suoi cinque step. Sembra una boiata? Lo so, ma così funziona e amen. Lessi tempo fa un'intervista a Sibly in cui dichiarava che la sua idea era rendere l'esperienza più immediata, arcade e "mindless" possibile, e se l'idea è questa gli va dato atto che c'è riuscito. Quando si perde una vita si torna all'inizio del livello e il cannone torna a step 1 del livello di potenza corrente, e questo implica di fare attenzione a non abusare del "bonus" della doppia raffica perché le sfere raccolte nella vita precedente non ritornano più e si rischia di girare con un'arma depotenziata per troppo tempo. Se non altro, non tornano nemmeno i nemici uccisi...
Tecnicamente, la semplicità è estremizzata ovunque. Le mappe sono su un solo piano ed abbastanza spoglie; non esiste un inventario; gli upgrade collezionabili non sono molti; non si può visualizzare una mappatura dello stage; non viene conteggiata alcuna statistica (bodycount, segreti scoperti, tempo impiegato, nada). Non c'è nemmeno musica durante il gioco, e per soprammercato gli effetti sonori sono in gran parte rubati ad Alien (il film); le pochissime tracce musicali presenti nei menu e nelle intro, comunque, sono gradevoli. La grafica delle schermate statiche di intermezzo sembra opera di un Rob Liefeld ubriaco mentre quella di gioco, ovviamente, è pixellosa all'inverosimile, e per alleggerire i poveri chip Motorola si possono togliere le texture da suolo e soffitto ('na tristezza...). Nonostante ciò, Sibly ha inserito cosette interessanti, come pareti rotanti e teletrasporti. C'è un opzione per 2 giocatori, in co-op e deatmatch (che non ho modo di testare), utilizzabile sia connettendo due Amiga -via cavo oppure via modem- che in split screen. Addirittura ho visto che in alcuni livelli ci sono dei monitor che permettono di giocare a un sottogioco, un clone di Defender chiamato Underkill (autoparodia di Overkill, altro gioco di Sibly). Piatto forte del gioco comunque è chiaramente la violenza, anche se è implementata in un modo un po' bislacco; i nemici esplodono in mille pezzi con un rumore umidiccio abbastanza d'effetto, ma in mezzo al profluvio di frattaglie non si vede quasi una sola goccia di sangue... (e dire che, ironicamente, uno dei titoli opzionati prima della scelta definitiva era "Bloodbath"). Gloom consente due livelli di gore, "messy" e "meaty", che si differenziano perché in meaty le budella dei morti restano sul pavimento, a differenza di messy dove però le "esplosioni" nemiche sono più violente.
Non c'è molto altro da dire: imbracciate il cannone e andate. Partirete con tre vite, ma si possono aumentare raccogliendo gli appositi bonus. E a proposito di bonus, oltre a quello per alzare le vite ci sono le già citate sfere per l'arma, dei biberon che sono in realtà i più surreali medikit mai visti nella storia degli sparatutto, occhiali termici per "vedere" i nemici attraverso le pareti (cosa utilissima anche se la resa grafica è un po' poveristica, pensavo fosse un glitch) e invisibilità. Finora non sono andato molto avanti nel gioco, quindi non so cos'altro mi aspetti...

The bottom line - Gloom ha resistito al passaggio del tempo meglio di quanto ci si potesse aspettare: c'è una certa cura da B-movie "di livello", ha una sua bizzarra dignità e secondo me merita un po' di amore. C'è più arrosto di quanto possa sembrare al primo impatto, ha atmosfera, non è semplice né brevissimo (21 livelli divisi in 3 mondi, dicono dalla regia), la sensazione di violenza c'è, è divertente e dopo un po' acchiappa pure. I compromessi strutturali alla fine si possono anche accettare, peccato solo i controlli perfettibili... Oserò dire che, stante la quantità di FPS trashissimi usciti su PC nell'immediato post-Doom, Gloom sui compatibili avrebbe fatto tutto sommato la sua figura? Beh, sì, lo oso. Alla prossima.

sabato 2 marzo 2019

Mad Fighters II (Amiga AGA, 1995 [unreleased])

Poche settimane fa mi capitava di parlare dell'alto tasso di trash presente tra i beat'em up dei primi anni '90 ed ecco: una rilettura senza costrutto di un vecchio The Games Machine scatena un effetto domino di ricerche incrociate che mi ha portato a scoprire questo Mad Fighters II per macchine AGA.

Amiga Games That Weren't è prodigo di informazioni su questo curioso soggetto, e il perché sia proprio quel sito a occuparsene è dovuto al fatto che MDII cercò nel '95 una destinazione commerciale col nome di X-Fighter, titolo che però non vide appunto mai la luce e forse sopravvive solo in copie di valutazione a suo tempo spedite alle riviste inglesi e oggi perdute in qualche cassetto. Mad Fighters II (il cui predecessore pare scomparso nelle nebbie del tempo) è programmato in AMOS, e già partiamo male; va detto però che non sembra peggio delle varie tremende versioni Amiga di SFII, titolo a cui si ispira che plagia apertamente, a partire dagli effetti sonori per finire con l'aspetto dei personaggi. The One e persino Amiga Power recensirono positivamente 'sto coso, e mentre per AP si può sempre supporre che ci sia dietro del grosso sarcasmo resta inspiegabile la positività di TO.

[NB: il gioco non l'ho provato, quindi magari è bellissimo e ho preso una cantonata micidiale; ma da certi commenti intravisti in giro tendo a pensare di no] 

Vi lascio con un video di gameplay, ripieno di splendidi cromatismi fauves e foriero di altrettanto splendide perplessità.


venerdì 14 aprile 2017

Archeologia spicciola: Sinclair ZX81

Prima del Rock'n'Roll e di Bufalo Bill, prima del grande Khan c'era lo ZX81, un milione di anni fa all'età della pietra.
O giù di lì.

Lo ZX81 fu il secondo computer della Sinclair, predecessore immediato dello pseudoglorioso ZX Spectrum. Una mattonella nera di circa 15 cm di lato farcita con uno Z80 (la stessa CPU che ritroveremo nello Speccy) e lo stratosferico ammontare di 1 KB di RAM, incapace di generare colori e sonoro e sostanzialmente privo di grafica propriamente detta (può generare solo una serie predefinita di caratteri testuali).

La memoria era fortunatamente espandibile, ma la macchina nuda e cruda veniva con questo singolo kappa e ce lo si doveva far bastare se non si avevano soldi per l'upgrade. La maggior parte del software rintracciabile di KB ne chiedeva almeno 16, quindi la macchina base era sostanzialmente tagliata fuori da quasi tutto (la Sinclair riproporrà questo "scherzetto" in modo ancora più stronzo con gli Speccy 16K e 48K). Ma ci fu comunque chi si mise di buzzo buono a fare qualcosa di valido per lo ZX81 liscio. Spicca, su tutti, l'incredibile 1K ZX Chess (1982) di David Horne, un simulatore di scacchi che non avrà il nome più originale della storia, né l'abilità di Deep Blue, e neppure una fedeltà totale alle regole più avanzate (non si può arroccare o promuovere, per esempio) ma che fa il suo sporco dovere là dove nessuno l'avrebbe ritenuto possibile.



1K ZX Chess è probabilmente il più encomiabile esempio di programmazione su ZX81, anche perché ottenuto su una macchina non espansa. Ma ci sono altri due giochini interessanti da vedere sulla mattonella espansa a 16K. Il primo è il seminale e noiosissimo Flight Simulation della Psion, pure lui del 1982, emerso anche per Spectrum (ma ovviamente su ZX81 è più badass, anche perché la versione Speccy è solo per 48K... col triplo di RAM son buoni tutti).



Last but not least, il 3D: 3D monster maze (1982 again) di Malcolm Evans, uno dei primi First Person Runner - no, non Shooter, proprio Runner: non si spara, si corre soltanto: ci si aggira in un labirinto a bassissima risoluzione (tutto in charset, ovviamente, come ho già detto modi grafici veri e propri non ce ne sono) in cerca dell'uscita cercando di non farci mangiare da un T-Rex. Rabbrividiamo! Sul serio!


sabato 31 dicembre 2016

Satyrigame (C64)

Se la memoria non mi fa difetto (e di solito lo fa, ma diamo la cosa per buona), Satyrigame è il primo gioco in assoluto che abbia mai caricato sul mio primo Commodore 64, nel lontano ma non lontanissimo anno 2000. Ereditai, dal tizio che mi vendette il biscottone, una serie di cassette di varia natura e colore, con ovviamente in mezzo una nutrita schiera di ciarpame da edicola; e fu in mezzo a quest'ultima tipologia di supporti che mi imbattei in Satyrigame.
Né il computer né il supporto esistono più. Non sono più riuscito, nemmeno dopo qualche ricerca, a capire quale fosse la compilation da edicola col gioco. Nella lista di programmi contenuta nel supporto il secondo gioco aveva per succulento nome "Sfratto selvaggio"; e per via della grafica della copertina intuii erroneamente che la compilation si aprisse proprio con quest'ultimo. Caricai pertanto -e giocai- Satyrigame pensando che fosse Sfratto selvaggio, e solo in un secondo momento mi resi conto dello sbaglio (Sfratto selvaggio, di cui non trovo traccia in rete, si rivelò comunque una puttanata invereconda, forse scritta in BASIC. Cose che capitano).

Sproloqui storico-affettivi a parte, Satyrigame è un gioco di ignota paternità (si sa solo che è fuoriuscito dal Gruppo Editoriale Jackson) prodotto col SEUCK; anche l'anno di uscita è incerto, ma presumibilmente collocabile tra l'85 e l'87. All'atto pratico non è che un clone di Commando (visuale top-down e scrolling verso l'alto), con la peculiarità specifica di avere sprite presi di peso dalla tarda Prima Repubblica. Da qui il nome, che comunque è ingannevole, perché di satira manca ogni traccia (prendere Super Joe e la giungla per sostituirli con qualche caricatura politica e una stilizzatissima Roma notturna non basta per dare al giochino una profondità che non c'è e non potrebbe comunque esserci). Il gioco si risolve come tutti quelli del genere: il nostro alter-ego, Eugenio Scalfari (brr...), deve farsi strada verso la sede di Repubblica falciando a colpi di revolver tutti i segretari di partito che a quanto pare lo vogliono morto (alla faccia dei regimi alla Putin). Tra vari sparacchianti Andreotti, Craxi e De Michelis (e numerosi altri figuri di quel periodo), sarà necessario evitare anche sprite svolazzanti recanti i marchi di DC, MSI, PRI e compagnia brutta. Con un po' di manualità basteranno 5 minuti per arrivare alla sede del quotidiano.
Sinceramente: non c'è veramente nient'altro di cui parlare. La meccanica è elementare, il sonoro limitato a qualche SFX di ordinaria amministrazione e la longevità nulla - non c'è nemmeno un finale, perché una volta raggiunta Repubblica ci si può solo girare i pollici nel piazzale e per uscirne tocca resettare il biscottone -; la grafica, d'altro canto, benché pure lei basica (con uno scenario che sarebbe sembrato scarno pure su Atari 2600), è pulita, fluida e presenta caricature davvero ben disegnate: probabilmente il programmatore ci ha speso il 95% del tempo di sviluppo. Fate i vostri conti.

E poi basta. Sayonara.