Sügisball (Ballo d'autunno) è un film estone del 2007, girato da Veiko Õunpuu, apparentemente uno dei più interessanti registi estoni contemporanei. Ha partecipato al Festival di Venezia dove ha vinto il premio Orizzonti.
Film lunghetto -sfiora le due ore- e piuttosto lento, ispirato ad un libro di Mati Unt (purtroppo inedito in Italia, pare) incentrato sul tema (originalissssssssssimo) della solitudine e dell'incapacità di comunicare dell'uomo moderno; cinque storie di ordinaria frustrazione che a tratti si incrociano brevemente. Mati (Rain Tolk, il sosia baltico di Massimo Coppola) è uno scrittore lasciato dalla sua ragazza che non riesce ad accettare la cosa; Theo (Taavi Eelmaa) è un portiere d'albergo sessuomane insoddisfatto della sua vita e del suo lavoro; Kaski (Sulevi Peltola) è un barbiere finlandese che non si sente accettato dall'Estonia; Laura (Maarja Jakobson) fa l'operaia, è madre di una bambina ed è separata da un marito ubriacone che la perseguita; l'architetto Maurer (Juhan Ulfsak) e sua moglie Ulvi (Tiina Tauraite) attraversano una crisi esistenziale e matrimoniale. Sullo sfondo, una Tallinn livida e lugubre, una periferia di fabbricati ereditati dall'URSS1. Personaggi tristi e silenziosi che fanno cose strane: Mati pedina la sua ex (la bella Mirtel Pohla) e si ubriaca, Maurer insulta senza motivo sua moglie, Theo scopa con tutte e forse non sa perché, Laura si droga di telenovelas, sua figlia neanche decenne sta sul balcone a prendersi gelida pioggia, Kaski si comporta da perfetto pedofilo senza neanche accorgersene. Sügisball non vuole essere tragico o depressivo, quanto piuttosto opprimente e disilluso; sprazzi di ironia alleggeriscono qua e là la tensione (a volte un po' gratuitamente, come nel caso di Mati alle prese con un numero da avanspettacolo mentre acquista una rivista porno). Saranno le ultime parole di Mati a chiarire -se mai ce ne fosse il bisogno- ciò che la pellicola vuole essere: un ulteriore, ennesimo tassello nel mosaico sterminato delle opere che provano ad indagare sul senso della vita.
Come il vaso di Pandora, dopo tanto soffrire il film si chiude con piccole note di speranza. Riservata, però, non a tutti.
In sintesi un film più che discreto. Bella la fotografia, incentrata sulla grigia periferia di una metropoli del lontano nord (molti accenni ad una architettura quasi à la 19842), interessante la colonna sonora con anche un paio di bei recuperi dalla discografia estone e soprattutto la presenza in tre occasioni di frammenti della superba Moya dei Godspeed you! Black Emperor3 (e questo sarebbe già un buon motivo per incensare questo film).
Al di fuori dell'Estonia Sügisball ha avuto purtroppo scarsissima diffusone e non esiste un adattamento in italiano (o almeno io non l'ho trovato).
questo film è dedicato a tutti gli uomini con l'animo gentile e il fegato debole che stanno soli nella notte, in mutande.
[1] forse vale la pena di ricordare che i popoli baltici sono quelli che più malvolentieri hanno sofferto la dominazione sovietica. [2] ma tutto il mondo è paese: impossibile non notare somiglianze dei palazzi con la Buenos Aires di Garage Olimpo, ad esempio, e in certe scene solo la presenza del colore attenua la somiglianza con la Palermo di Cinico TV. [3] anche se nei titoli di coda viene erroneamente indicata come Static (che è invece tutt'altro pezzo, sebbene sempre dei GY!BE).
Personalmente non ho mai amato eccessivamente la Psygnosis. Lo ammetto, un po' sarà stato per l'imprinting dovuto al fatto che il loro primo gioco che provato è stato l'orripilante Rascal (platform 3D per Playstation), quindi sono prevenuto; però le attribuisco il demerito di essere stata una delle prime softhouse ad avere avviato il trend "più grafica, meno gameplay": dite quello che volete, ma a me i SotB (giocabilisticamente parlando) sono sempre sembrati poca roba.
L'inizio della storia di Psygnosis era stata più promettente, con l'ambiziosissimo e ormai semidimenticato titolo d'esordio Brataccas. Progettato inizialmente per Sinclair QL (la quadricromia bianco/nero/rosso/verde del gioco credo sia un residuo vestigiale di quell'origine), venne poi passato su altre piattaforme m68k: prima ST, poi Amiga e Mac. Brataccas vede il nostro avatar, lo scienziato Kyle, aggirarsi per un mondo ostile e distopico che lo crede un fuorilegge, e ne quale deve cercare prove che dimostrino la sua innocenza.
Brataccas ha il suo punto di forza nell'enorme ambientazione, il vastissimo asteroide omonimo (anche se le location sono tutte degli interni, come se fosse un unico sterminato edificio costruito sul pianetino...) popolato da gente che vive la propria vita e con la quale interagire (a proprio rischio e pericolo). Una sorta di avventura/gioco di ruolo cyberpunk che getta i semi per i free-roaming di tanti anni dopo, Brataccas avrebbe potuto avere un buon successo, ed è un peccato che non sia stato così; il motivo non è un mistero: 1. il sistema di controllo è IMPOSSIBILE -Kyle non fa quello che gli si dice neanche a piangere in turco-, 2. bug come se piovesse.
Girato e rilasciato nel 1973, e dimenticato quasi universalmente già nel 1974, Idaho Transfer è il secondo lavoro (di tre) di Peter Fonda come regista. E di gran lunga il più sfortunato. E' quasi sorprendente come, sepolto nel passato di un uomo di cinema di buona fama (membro dell'onorata famiglia Fonda! e all'epoca reduce da pochissimo dal successo di Easy Rider), ci sia un oggetto così strano e obliato. Eppure.
I.T., noto anche come Deranged nel Regno Unito (probabilmente si provò a farlo passare per un horror) e mai distribuito in Italia, è un film di fantascienza low-budget la cui genesi affonda nei sentimenti pro-ambientalistici di Fonda. La compagnia che doveva occuparsi della distribuzione fallì dopo una settimana di programmazione del film nelle sale, il che tagliò di netto le gambe alle sorti della pellicola. Solo 15 anni dopo, nel 1988, si ebbe quantomeno una pubblicazione su VHS; la sorte non fu molto migliore. Da allora la fama di I.T. vivacchia a stento solo fra pochi appassionati di SF.
Qual è la trama? Allora: in una struttura -finanziata dal governo e presumibilmente top-secret- nell'Idaho meridionale un gruppo di ricercatori, tra cui svariati giovanissimi (tutti under 20), inventa un sistema che permette il teletrasporto di persone tra due macchinari gemelli, uno posto nella struttura e l'altro in una zona all'aperto sempre nell'Idaho del sud. Si accorgeranno ben presto di un interessante side-effect non preventivato: lo spostamento è anche temporale, di 56 anni nel futuro (l'arrivo sarebbe quindi nel 2029). I viaggiatori (che sono tutti giovani perché -altro side-effect- chi ha più di 20 anni muore poco dopo il viaggio per un'inspiegabile emoraggia renale) fronteggiano così un mondo futuro spopolato e triste, evidentemente modificato da qualche catastrofe imprecisata avvenuta in un momento sconosciuto durante quegli 11 lustri che li separano dalla data di partenza. Nel tentativo di capire cosa sia successo gli scienziati cominciano a raccogliere dati e a studiarli nel presente (perché il viaggio è possibile anche nell'altro senso).
Tutta questa è in realtà una premessa: di questi fatti non si vede nulla o quasi, ma sono esplicitati nelle prime fasi del film, perlopiù durante un dialogo tra due protagoniste. La storia vera e propria si concentra sulla sedicenne Karen Braden e una dozzina di altri studiosi, di poco più anziani, che si trasferiscono in pianta stabile nel 2029 dopo la decisione improvvisa del governo di chiudere il progetto. Nel desolato pianeta futuro, il manipolo di transfughi si dedica a fare le uniche due cose possibili, ovvero tentare di sopravvivere e cercare superstiti. La vicenda poi prende una brutta piega, ma ne parlerò più avanti.
Grossomodo la storia si può dividere in tre parti:
1. Spiegazione di chi sono e che fanno questi tizi. A svelare tutto è soprattuto Isa, primo personaggio ad apparire sullo schermo, che arruola la sorellina Karen, figura centrale della pellicola, che non vede da lungo tempo. Isa istrusce Karen sul significato e lo scopo della missione, ed è durante i loro dialoghi che scopriamo i principali retroscena dell'esperimento. Questa prima parte termina con la decisione del governo di chiudere tutto e spegnere il macchinario, e con la conseguente fuga nel futuro dei giovani studiosi.
2. La sopravvivenza dei ventenni nel lontano futuro e la loro ricerca di superstiti. E' la parte più lunga e statica del film; la location è il Craters of the Moon National Monument and Preserve, nell'Idaho del sud, e le ambientazioni sono assai suggestive; ma nella monotonia dell'arido paesaggio -seppur affascinante- riecheggia quella delle fasi di esplorazione in cui è bassissima la densità degli accadimenti. Solo una sopravvissuta viene trovata, regredita ad uno stato di idiozia.
3. Si torna a vedere qualcosa nell'ultima parte, che comincia quando Karen decide di lasciare il gruppo di esploratori e di tornare al campo base, dove era rimasto un piccolo manipolo di tre colleghi tra i quali quello di cui è innamorata. Qui viene aggredita da una delle compagne, che è misteriosamente impazzita, ha ucciso gli altri due compagni ed ora è pronta a fare lo stesso con lei. Karen si salva miracolosamente calandosi nel pozzo dove è custodita la macchina del tempo. Questa, in teoria ormai inutile perchè spenta nel presente, è stranamente accesa; Karen, che non ha altre vie d'uscita, entra nel macchinario e torna nel '73. Qui terrorizza un tecnico che stava lavorando (e non viene spiegato perchè) sul marchingegno e la vede apparire dal nulla, poi smanaccia i controlli -dei quali non conosce presumibilmente nulla- per cercare di tornare in un punto del tempo precedente al disastro nel campo base (potendo quindi salvare il suo amore); infine riparte per il futuro dove... ve lo dirò dopo.
Idaho Transfer è strano; gli statunitensi direbbero probabilmente weird. E lo è su più livelli.
Già il cast rappresenta un bell'enigma. E' decisamente piccolo (25 nomi in tutto, mi pare) e composto quasi totalmente, come si è visto, da teenager che devono cercare di passare per studiosi: tra i pochi attori adulti solo uno (il recentemente scomparso Ted D'Arms, qui al debutto) ha un ruolo non troppo marginale, quello di capo del progetto e padre di Karen e Isa Braden. Spicca poi il fatto che oltre a D'Arms solo altri quattro attori abbiano qualche altro titolo nel curriculum: tutti gli altri non si erano mai visti prima e non si vedranno mai più in futuro. Di questi quattro, tre hanno preso parte solo a un altro film oltre I.T. La carriera più dignitosa l'ha avuta uno degli adolescenti, che altri non è che l'allora sconosciuto Keith Carradine, dell'onorata famiglia Carradine (e nella fattispecie fratellastro di David, il Bill di Kill Bill).
Il perché il film si regga quasi completamente sulle spalle di giovanissimi dilettanti è probabilmente spiegabile con il tentativo di mantenere bassi i costi, ma possibile che Fonda dovesse tenere d'occhio il portafoglio? Mah. Fatto sta che le bizzarrie proseguono.
Le scenografie sono peculiari. Gli esterni, come detto, sono girati nel sud dell'Idaho che è di una bellezza e di una monotonia sconvolgenti: terreno roccioso quasi lunare (soprattutto nella zona del campo base) e sterminate praterie praticamente piatte e vuote. Nella parte centrale del film si contano la bellezza di UNA auto e UN treno (entrambi con un loro macabro segreto) oltre che UNA casa (o forse ricordo male e non c'è nemmeno quella). E questo su vari chilometri quadrati di terreno esplorato. Gli interni sono limitati a un paio di anonimi uffici e all'inquietante stanza che contiene la macchina del tempo, scenografia collocata probabilmente in qualche magazzino abbandonato nella periferia di Boise; la stanza (e i corridoi all'esterno) rendono comunque efficacemente una certa aria di desolazione, soprattutto alla luce della bassa qualità dell'audio e del video del film (a proposito dell'audio: scarso quantitativamente, ma con delle belle idee).
Il finale del film ha spaccato in due la platea: c'è chi lo trova geniale e chi (come me) terribile. Si tratta di spoilerare, ma credo di poter correre il rischio.
Avevamo lasciato Karen mentre tentava di tornare nel futuro. Effettivamente ci ritorna, ma al campo base non c'è traccia di vita. Comincia a girare un po' finchè non si accascia esausta lungo una strada. Dopo poco arriva un'automobile piuttosto futuristica e diventa ormai chiaro che Karen ha impostato il macchinario per mandarla ancora più avanti nel tempo. L'auto si ferma alla sua altezza, ne scende un uomo che la raccoglie e la chiude nel bagagliaio, per poi tornare al volante e ripartire. E si ode Karen prorompere in un urlo lancinante. Chiusura sull'interno dell'auto, dove l'uomo parla con una donna e una bambina di cose che non sono riuscito a capire ma che verterebbero su questioni ambientali.
Il finale è stato apprezzato da non molti, e io rientro nell'altro gruppo. I.T. non è un capolavoro, ma avrebbe senz'altro meritato maggior fortuna e un finale più degno di questo che pare attaccato con lo sputo (finiti i soldi, forse?). Non è chiara la sorte della povera Karen, ma la teoria con più consenso prevede che una ristretta elite di umani tecnologicamente avanzati usi i rari "selvaggi" come carburante per le proprie macchine. Il vero problema di questo finale è che l'atmosfera cozza contro tutto quello che il film ha costruito in precedenza. Guadagna qualche punto comunque per l'inquietantissimo "esto perpetua" (che è anche, ma non solo, il motto dell'Idaho) in fondo ai titoli di coda.
Idaho Transfer è un buon film, consigliabile a chiunque apprezzi le "weirdate" e non si lasci spaventare troppo dai film a basso ritmo. Per gli appassionati dei futuri con atmosfere postatomiche (più o meno) questo lavoro dovrebbe essere considerato un cult minore. Le ragazze sono molto carine, valide le scenografie e le musiche. Il recupero non è difficile, dovrebbe persino esserci intero su youtube. Opossum approved, buona visione.
Nel 1992 Wolfstein 3D fece da battistrada per l'inizio dell'ancora fruttifera era dei First Person Shooter (che IMHO inizia ufficialmente l'anno dopo con Doom). Indirettamente Wolf3D e Doom diedero quella che ritengo essere la definitiva spallata agli home computer (Amiga, ST, Archimedes, AppleII, Mac68k), che cominciavano a mostrare qualche ruga e che si rivelarono incapaci di combattere alla pari contro gli x86 sul terreno del treddì. Nonostante questo si provò -perlopiù su Amiga- a prendere qualche contromisura; il tutto si rivelò inefficace e tardivo, e ben presto i pochi shooter 3D non-Wintel divennero mere curiosità partorite nei tardi '90 da hacker nostalgici1.
Considerando anche le conversioni da PC, gli FPS per Amy mi pare siano circa una quarantina (forse ne parlerò un po' in futuro), sulle macchine TOS (Atari ST/TT/Falcon) dovrebbero essercene tra gli 8 e i 12, quelli Mac non lo so (ne conosco solo tre, ma non ho mai approfondito), per Archie/RiscPC ce n'è uno solo (e anche quello meriterebbe di essere trattato qui).
Il più avanzato FPS proprietario per Atari Falcon2 è uscito nel 1997: si chiama Running (nome così generico da rendere un incubo la ricerca di informazioni) ed è stato scritto da un quartetto di coder tedeschi. Immaginatevi che razza di gente può mettersi lì a dire "Visto che non abbiamo niente di meglio da fare, perché non scriviamo uno shooter 3D per una macchina uscita 4 anni fa e nata già vecchia, posseduta forse da un migliaio di disperati in tutto il mondo, con un processore Motorola 030 e un paio di mega di RAM?" (Vi ricordo che siamo negli stessi anni in cui si affermano i PC con Pentium, Quake è già uscito, il BUILD è già vecchio, giochi come Quake 2 e Unreal sono in odore di pubblicazione). Detto fatto, ecco a voi Running.
Ah, no, scusate, questo è il sistema operativo del Falcon. Sembra proprio Windows 95, vero?
Immagini tratte dalla prima demo.
(Come dite? Il mostro e la saracinesca vi sembrano familiari? Ma no, è un'impressione...)
Fortunatamente il gioco definitivo ha una personalità più... indipendente
I nuovi nemici hanno una bellissima cera.
Che burloni questi tedeschi!
Sono morto, ucciso da quella chiazza biancastra davanti a me: quello che sembra un vecchietto con una tunica (o almeno così mi era sembrato appena ne ho visto uno la prima volta) è in realtà uno scienziato con una tuta antiradiazioni.
Poco fuori dall'inquadratura sulla sinistra c'è un civile. CAZZO CI FA UN CIVILE IN UNA BASE MILITARE? PERALTRO CON MATERIALE NUCLEARE?
Bella l'idea della GUI di Windows, appena è apparsa ho avuto un senso di straniamento pazzesco.
Killed in action. Che fine ingloriosa. E che 3D evoluto.
Sapete che vi dico? Non so come giri su Falcon liscio, ma su macchine accelerate (con schede CT60/CT63) è un gioco che -date le premesse- si difende pure bene!
Bonus: un video di gameplay. Buona visione.
1 negli stessi anni i prodotti Wintel erano frattanto piagati da un'inverosimile quantità di trashate inqualificabili. A mio modesto avviso, FPS e picchiaduro sono i generi più proni al trash dell'intero mondo dei videogiochi. Gli anni '90 ci hanno regalato dei veri e propri crimini contro l'umanità. 2 il Falcon è stato l'ultimo discendente ufficiale della linea ST, più o meno come l'Amiga 1200 è stato l'ultimo Amiga classico. Arrivò sul mercato nel '93, già fuori tempo massimo per il mercato degli home computer, e venne in breve ritirato dopo che l'Atari fece la SAGGISSIMA scelta di concentrarsi sul Linx e sul Jaguar. Fondamentalmente è vero, insistere nel mondo dei computer ormai già soffocato dal dominio di Gates sarebbe stato un suicidio: aveva più senso gettarsi nell'ancora vivibile settore console; ma magari farlo con cognizione di causa non avrebbe guastato...