domenica 22 novembre 2015

"Hukkunud Alpinisti” hotell (1979)

Mentirei se dicessi che “Hukkunud Alpinisti” hotell (traducibile in stivalese come “L'hotel dell'alpinista morto”) mi ha convinto. Pure, resta un lavoro di bizzarro fascino.

Questa locandina non ha molto a che vedere
con il film, in realtà.

Prodotto apparentemente di culto nella natìa Estonia, miscela un po' grottesca di giallo, thriller e fantascienza, il film (girato nel 1979 dal sovietico Grigori Kromanov, alla sua ultima opera) si snoda in ottanta minuti scarsi all'interno di un albergo d'alta montagna dal nome inquietante, nella cui hall campeggia la gigantografia proprio del defunto che dà nome allo stabile. L'ispettore Glebsky vi giunge perché una telefonata anonima ha richiesto la sua presenza lì, per indagare su un omicidio; una volta sul posto lo accolgono un enorme Sanbernardo ed il simpatico signor Snewahr, proprietario dell'albergo, il quale non solo smentisce che sia avvenuto un assassinio, ma aggiunge che nessuno ha telefonato alla polizia.
Ormai è tardi per tornare indietro (il meteo è inclemente), e Glebsky si prende una meritata giornata di riposo in mezzo ai monti (per inciso, location di certo non estoni, dato che l'altura massima di quel paese non tocca i 320 metri1). Incontra i pochi altri ospiti dell'hotel (gente cordiale, in qualche caso un po' stramba), passa un bel pomeriggio e, una volta giunta la sera, una slavina isola lo chalet dal resto del mondo. E, per soprammercato, alcune cose inquietanti cominciano ad accadere: uno degli ospiti ad esempio viene davvero ucciso, un altro sparisce nel nulla, un altro strano tizio dall'aspetto e dal comportamento enigmatici (per non parlare del nome) verrà invece trovato fuori dall'albergo più morto che vivo. Insomma, che succede in questo simpatico posticino?
Non ci si aspettino sviluppi di trama alla Shining (le premesse sono del resto molto diverse, al di là dell'albergo d'alta montagna). Il nostro amico sovietico Kromanov gira una pellicola dall'atmosfera un po' malsana e poco chiara in cui si sviluppa una sorta di climax nel quale premesse credibili sfociano in una storia dalle pieghe irreali e del tutto non risolta. Il finale è infatti piuttosto ambiguo, e nel caso qualcuno non se ne fosse accorto è lo stesso Glebsky a sottolinearlo nel “monologo” finale.

La pellicola è geograficamente eterogenea. Produzione sovietica, parlata in estone, è stata girata sicuramente al di fuori della zona baltica; la sceneggiatura è tratta da un romanzo di due fratelli, Arkadi e Boris Strugatski, di origine georgiana (anche se Boris è nato in Russia), meglio noti come autori di Picnic sul ciglio della strada (il racconto che fu embrione dell'acclamatissimo Stalker di Tarkovskij). Il personaggio centrale, Glebsky, è interpretato da un lettone, l'attore Uldis Pūcītis, così come è lettone Kārlis Sebris, interprete di un altro personaggio chiave (Moses). Pūcītis, che non avrebbe sfigurato granché come volto di James Bond, è sullo schermo praticamente in continuazione e rende piuttosto credibile il suo granitico ispettore. Gli altri individui (che sono solo nove) sono generalmente più abbozzati, ed è un peccato, anche se la cosa va ad aiutare la tetra atmosfera di incertezza che pervade “Hukkunud Alpinisti” hotell. Atmosfera ben alimentata anche dalle musiche vagamente oniriche di uno dei principali artisti estoni, Sven Grünberg; nella OST peraltro spicca, per bellezza e per differenza rispetto al resto dello score, l'elettronicissima “Ball”, che finirà anni dopo in quel Sügisball di cui parlai mesi e mesi fa.

Non saprei francamente a chi consigliare un film del genere. Forse ai patiti di oscurantismo cinematografico2. Comunque, nel complesso sufficiente.

(Nota: “Hukkunud Alpinisti” hotell non è mai uscito in italiano. Se per caso, nonostante tutto, siete decisi a prenderne visione, esistono i sottotitoli in inglese (non ho indagato per altre lingue). Se però siete così bravi da essere fluenti in russo o -peggio- in estone, potete godervelo doppiato o addirittura nell'originale ugrofinnico. Beati voi!)


[1] Non ho trovato informazioni sui luoghi delle riprese. Fonti non ufficiali parlano di Francia o Svizzera francese: non ho motivo di dubitare della cosa, ma non posso nemmeno confermare con certezza. Mi pare anche strano che nel '79 una troupe -per di più baltica- abbia potuto uscirsene dall'URSS ed andare a girare tranquillamente un film nell'Europa capitalista.
[2] In realtà non so cosa sto dicendo. Non fateci caso.

giovedì 19 novembre 2015

Frightmare (C64/Spectrum, 1988)

Un difetto che ho sempre apprezzato nei cari vecchi videogame di una volta -diciamo soprattutto nei primi due terzi degli anni '80- è il dilettantismo. Cioè, come dire, il fatto che ancora il mercato non si fosse espanso fino alla necessità di dover anteporre il budget (e posporre il marketing) al semplice prodotto "videogioco" in sé. Lo so, non mi sto spiengando per niente;  quel che sto dicendo si riferisce fondamentalmente al proliferare incontrollato di una quantità elevatissima di titoli e generi (e perfino certe piattaforme), tutti fuoriusciti da software house spesso contraddistinte da scarsissime capacità di pianificazione e tanto pressapochismo. Il controllo qualità ai tempi era fondamentalmente un optional. Il continente videogame era ancora in gran parte inesplorato, e i primi pionieri erano non di rado parecchio disorganizzati. Beninteso, non che gli errori non si facciano anche oggi (almeno suppongo, seguo poco il mercato odierno...), ma la mentalità dell'ambiente si è senz'altro irreggimentata. Così se nel ventunesimo secolo un titolo come Big Rigs fa sicuramente scalpore -una demo buggata può divertire, ma non quando te la vendono (anche se io ho una teoria più "complottista" al riguardo)-, anni addietro i prodotti subottimali erano più numerosi e insidiosi.
Così magari la presto obliata Cascade fa uscire, nel 1988, Frightmare su C64, Spectrum e PC. Platform a tinte horror senza particolari meriti, difficile anche per i motivi sbagliati (controlli farraginosi, armi deboli, nemici eccessivamente tosti, bastardissimi vicoli ciechi), Frightmare non raggiunse mai una grande celebrità, ed oggi è pressoché dimenticato. Ha dalla sua, almeno su biscottone, un'atmosfera interessante, con tutti i cliché del caso, secondo me ben aiutata da una grafica non troppo elaborata, e un bizzarro sistema di punteggio che, invece di essere numerico, indica stati come "Bad dreams", "Horrible nightmare" e robe del genere: alzare il punteggio si traduce in un peggioramento dello stato onirico. Folkloristico.
Quello che collega Frightmare al mio sproloquio iniziale è il sistema di avanzamento del gioco. La trama ci vede addormentati e intrappolati in un incubo, dal quale ci risveglieremo solo facendo visitare al nostro avatar tutte le stanze del gioco. Un indicatore mostra l'ora della notte in cui ci troviamo: all'inizio è mezzanotte in punto, e la scoperta di ogni nuovo livello fa avanzare l'ora di 6 minuti; il gioco termina quando si arriva alle 8 e 12 minuti: la sveglia suonerà ponendo fine all'orribile notte. Il problema è che il gioco ha 79 stanze, e basta fare due conti per accorgersi che si può arrivare al massimo alle 7 e 54. Mancano ventiquattro minuti di gioco, cioè quattro stanze! Playtesting, questo sconosciuto: questi tizi hanno scritto un intero videogioco senza accorgersi -o peggio ancora, senza curarsi del fatto- che NON È ASSOLUTAMENTE POSSIBILE FINIRLO! E l'hanno tranquillamente MESSO IN VENDITA!
Favoloso.


martedì 17 novembre 2015

[Il tifo ai tempi degli ayatollah] Offside (2006)

Che squadre si tifano in Iran? Offside, film di Jafar Panahi del 2006, pone qualche interogativo.



domenica 1 novembre 2015

Damage: The Sadistic Butchering Of Humanity (Amiga, 1996)

La Finlandia. Terra di Babbo Natale, Linus Torvalds, Anna Falchi e poco altro. Videogame? Mah, poco e niente: il nome più importante è quello del grande sessantaquattrista Stavros Fasoulas (Sanxion, Delta, Quedex), in tempi più recenti si è fatto notare Lasse Oorni (pure lui su C64, ma dato che stiamo parlando di anni 2000 non è che sia un nome granché noto).
Viene comunque da quelle lande il simpaticherrimo Damage: The Sadistic Butchering Of Humanity, che già dal nome ti lecchi i baffi. Prodotto nel 1996 dalla Suomi-Peli (in realtà semplicemente un gruppo di tre amici) Damage approda sugli Amiga con vecchio chipset. All hail to Amiga, ma perchè fare un gioco OCS a metà '90? In realtà è chiaro che la motivazione è la fallimentare politica commodoriana (il 1200 l'hanno comprato in pochi, e giustamente i finnici volevano raggiungere anche il vasto mercato 500/600); fortunatamente comunque Damage gira senza patemi su AGA. Scopo del gioco: UCCIDERE! AMMAZZARE! TERMINARE! In una deliziosa pixel-art modello "a confronto i Lemmings parevano elefanti", il nostro avatar -un energumeno vittima di sperimentazioni animali- se ne deve andare in giro per il paese a far vittime in uno shoot-em up 2D così brainless che più brainless non si può. Si parte con una mazza da baseball e via via si potranno ottenere pistolette, fucili, UNA MOTOSEGA! E droghe potenziatrici che però fanno più danni che bene. Con questo popò di roba i comuni cittadini non hanno scampo (e un bel bodycount sempre presente in alto ci aiuta a ricordare quanti ne abbiamo fatti fuori), ma occhio ai pulotti e all'esercito perché loro al fuoco rispondono eccome. Violenza insensata, sangue bitmap, difficoltà tosta, zero materia grigia, Amiga. Cazzo volete di più, un Lucano?





Nel 2013 è uscito un remake per Windows, ma non l'ho provato. I creatori del gioco hanno rilasciato gratuitamente gli .adf dei due floppy della versione Amiga, utilizzabili con un qualunque emulatore.